Di grande interesse questo commento comparativo del Codice Civile Albertino con il diritto romano, il Codice di Napoleone, il Codice Civile Austriaco e il diritto patrio piemontese iniziato praticamente in contemporanea alla promulgazione e proseguito per 6 anni.
Se Carlo Alberto per la storia politica è celebrato quale datore della libertà politica nello Stato subalpino e iniziatore della indipendenza italiana, per la storia giuridica merita d’essere annoverato come il terzo rinnovatore, dopo Emanuele Filiberto e Vittorio Amedeo II, del diritto piemontese. Nel 1831 nominò una commissione legislativa di giuristi e magistrati presieduta dal ministro guardasigilli Giuseppe Barbaroux e divisa in quattro sezioni: quella civile, quella per il procedimento civile, quella per le leggi commerciali e l’ultima per le materie penali. La commissione per le leggi civili, della quale faceva parte Federico Sclopis, precedette le altre nel suo lavoro. Il progetto, compilato sulla base del codice francese e col confronto degli altri codici italiani, fu sottoposto prima alla disamina dei tribunali supremi (Senati di Piemonte, Savoia, Nizza e Genova) e della camera dei conti, e poi riveduto e discusso dal consiglio di stato in una serie di sedute, alle quali talora prese parte il re medesimo. Le tendenze e le tradizioni diverse di quei supremi tribunali ingenerarono discrepanze e opposizioni che ne ritardarono l’andamento. Furono però vinte dalla costanza del re e dalla sapiente tenacia del ministro Barbaroux. Alla fine dopo sei anni di faticosa elaborazione il Codice Civile nel suo testo definitivo venne approvato e promulgato per gli Stati di terraferma il 20 giugno 1837 con osservanza dal I gennaio 1838
Note sull'opera
sparse fioriture.