dalla prefazione del tomo I° :" E' una soddisfazione dovuta al pubblico da un giusto governo il rendere a tutti manifesto, che nel punire non ha ne' indolenza o favore, ne' crudezza o arbitrio". Leopoldo II°.
L'opera, costruita secondo gli schemi tradizionali, ma attenta alla letteratura giusfilosofica del momento, si muoveva nel solco aperto dal Beccaria e dal Filangieri e può essere considerata, con gli Elementa iuris criminalis del Renazzi, uno dei più significativi trattati scientifici di diritto penale dell'Italia tardosettecentesca. Sulla scorta del pensiero illuministico i due giuristi tentarono infatti di dedurre le norme di diritto penale da principi razionali, e di distribuirle secondo un ordine sistematico, senza tuttavia ripudiare né le vecchie, leggi e i commentatori di esse, né l'antico linguaggio scolastico. A contatto con le correnti dottrinali più vive del momento, in una posizione tipica di quella cultura giuridica razionalistica che nel Settecento si riconosceva nell'ideale del giurista-filosofo in contrapposizione alla cultura meramente conservatrice del leguleius e del pragmaticus (Cavanna, p. 165 n. 354), il Cremani si mostrava aperto ad un riformismo di tipo moderato, che si rifiutava però alle estreme conclusioni politiche di molti suoi contemporanei e si poneva al servizio del potere costituito per una realizzazione tecnica delle scelte di governo. C.f.r. Cremani. Dizionario Biografico degli italiani.
Note sull'opera
tomo I°: tavola con medaglione di Leopoldo II° entro cornice inciso in rame; tomo II°: epitaffio entro cornice inciso in rame a piena pagina; bei frontespizi con incisioni diverse, tarletti al margine interno di alcune carte, per il resto copia di notevole freschezza.
Note sull'autore
Cremani AloysiInsigne criminalista nato ad Arezzo nel 1748 e morto a Firenze nel 1830. Fu ostile alla Rivoluzione Francese, tornò in toscana nel 1796 dove, sotto Ferdinando III°, fu nominato Presidente della Ruota Criminale.Lasciò un corso, molto stimato sulla interpretazione delle Leggi Penali “De Iure Criminali” e un commento alle Istituzioni Imperiali.Nel 1799, caduta la toscana nelle mani dei francesi egli si piegò ai nemici; ma tornato il Granduca lo stesso anno ed iniziatasi la politica reazionaria contro i giacobini, il Cremani fu chiamato ad assistere il triumvirato di Senatori eletti per gli affari di polizia.In questa qualità, insieme a Gualberto Bagnai e Vincenzo Fabroni, formò la “Camera Nera” di ingloriosa memoria.Egli allora propose che gli incriminati fossero giudicati, per via economica, cioè senza l’intervento del pubblico dibattito, e si diede alla persecuzione spietata politica e religiosa.Quel Tribunale politico eccezionale imbastì, in poco più di quindici mesi, fino a 32.000 processi ed emanò oltre 20.000 sentenze.Tanta congerie di documenti processuali accumulata da Cremani fu poi data alle fiamme nel 1801.Contro di lui, Raimondo Leoni mandò alle stampe un libello in sesta rima dal titolo “l’Egira Toscana o sia la Cremania”.Il Carmignani lo definì: “uomo di grande dottrina ma adulatore del potere, di sentimenti inclinato alla severità ed ostile allo spirito filosofico del suo tempo” .