"De SImoni riprendeva i temi del Beccaria, assimilando la linea di fondo del discorso di quest'ultimo, ma contrapponendo a essa una serie di obiezioni di non secondaria importanza.
Egli non era infatti disposto a seguire gli orientamenti più avanzati dell'"illuminismo giuridico", fatti invece propri dal Beccaria, specie dove questi rifiutavano la tradizione del diritto romano e del diritto comune, e venivano a proporre una nuova certezza del diritto in linea con i principîfilosofici professati. Il De Simoni, che pure condivideva il rifiuto dei "barbari eccessi" riconoscibili in molti aspetti del diritto comune, si rifaceva invece all'esperienza del proprio concreto operare nelle aule dei tribunali per proporre un recupero, funzionale alle esigenze della legislazione contemporanea, di quegli elementi del diritto romano e del diritto comune che non fossero con essa in contrasto". C.f.r. Treccani. Dizionario Biografico degli italiani.
Note sull'opera
esemplare in barbe parzialmente intonso, assai fresco, pochissime leggere fioriture.
Note sull'autore
De Simoni AlbertoInsigne giurista Valtellinese nato a Bormio nel 1740 e morto a Morbegno nel 1822. Studiò nei licei di Milano e poi nelle scuole di giurisprudenza di Innsbruck e Salisburgo. Ben presto divenne giurista famoso, i bormiesi lo scelsero come membro della reggenza del loro Contado. I Grigioni lo chiamarono più volte ad espletare la funzione di Giudice. De Simoni prese parte attiva alla polemica illuministica per il rinnovamento del Diritto Penale, come ben dimostrano le sue opere. Fu giudice, Presidente del Tribunale del Lario, poi Consigliere di Cassazione. Melzi gli affidò la traduzione di una parte del Codice Civile e Penale dei Francesi; in qualità di Segretario del Ministro Spannocchi compilò, nel 1802, diversi progetti per il Codice della Repubblica Cisalpina in base al disposto dell'art. 120 della Costituzione di Lione.